Non è pericoloso

NON È PERICOLOSO, DICEVANO

Nella mia pratica quotidiana ho dovuto essere in grado di identificare che cosa era la PAURA. Ci ho messo vent’anni a definirla, come racconto nel mio libro. E la peggiore paura da affrontare è quella dell’incertezza del domani.

Di mancare.

Ha tolto la dignità ad alcuni che furono amici miei per un po’ di tempo. Il loro trionfo delle altezze non ha superato l’esame del vuoto esistenziale. Del punto interrogativo.

Poi per il mio lavoro legato alla trasmissione sono stato costretto a spiegare e differenziare RISCHIO e PERICOLO, che, come già avevo detto, sono indissociabili dell’art du déplacement. È cosi, inutile negarlo o nascondersi dietro un muro di scuse più o meno valide.

Fu un periodo in Italia dove i video di saltatori di palazzi scandalizzavano chi si allenava da un po’ di anni:

-Questo non è Art du déplacement! No! Questo non è!! L’art du déplacement non è pericoloso!

Ma che dicono?

Il pericolo è nel DNA dell’art du déplacement. Certo se uno ripete solo quello che sa fare, niente capiterà. Ma avrà sfiorato quello che spero non chiamerà la pratica originale. Se uno allena le persone e le mette solo davanti a problemi che possono risolvere facilmente, anche loro la avranno appena toccata.

Ed avranno imparato niente.

Il punto non è di portare qualcuno su un tetto o metterlo per forza davanti ad una situazione dove se si sbaglia si crepa. L’obiettivo non è di strafarsi di adrenalina, no, come non è di prepararsi ad un suicidio di massa come lo crede la Lega Mondiale della Mente Stretta.

Il nostro dialogo con il pericolo ci arriva da YAMAKASI. CORPO FORTE, UOMO FORTE, SPIRITO FORTE, in un dialetto dello Zaire, in Africa.

Spirito forte… Per esempio non perdere la calma in una situazione di stress come quella che può creare l’altezza. Non farsi divorare dalla paura ed infine farsi prendere dal panico. Ovviamente pretendiamo di applicare il concetto nella nostra vita quotidiana, fuori dal terreno di gioco, con più o meno successo.

Intraprendere una via dove lo sbaglio viene sanzionato dalla morte o dal dolore a vita è una scelta personale. Sono pochi quelli che potrei accompagnare in un tale percorso. Perché è una responsabilità morale troppo grande. Perché serve un rapporto reciproco di fiducia. Perché il soggetto deve garantire che il suo corpo può seguire la sua mente.

Però possiamo prepararli, abituarli a superare le “distrazioni”, a rimanere focalizzati sull’obiettivo. Ci vuole competenza tecnica, esperienza e comprensione delle persone.

Provo a mantenere questa tradizione nella mia pratica personale e nella trasmissione, prima che ci diano una medaglia per aver saltato da un marciapiede all’altro. Prima che mettere il piede destro davanti al sinistro dia il diritto ad un premio Nobel.

*Ok esagero, non dicevano art du déplacement ma parkour, la disciplina che alcuni stanno vendendo alla federazione internazionale di ginnastica.