MOTION TOUR ASIA 1

NON HO ALLIEVI

Non ho allevi, non sono I MIEI allevi. Odio la connotazione di proprietà che suona dentro.
Innanzitutto sono I miei amici, piccoli fratelli o piccole sorelle di un’altra madre. 
Allo stesso modo in cui non sono un maestro. Come si sa, non considero nessuno come tale in questa disciplina. 
Difficile trovare un nome giusto.
Io l’ho trovato.

Ci sono quelli che insegnano, e non mi sono simpatici perché la maggior parte di loro cercano, attraverso un titolo, una nobiltà che risiede nella parola e poco nell’azione. 
Arrivano anche gli scienziati che, con statistiche e numeri, mettono una museruola all’istinto. Un guinzaglio. 
(…)
Non ho allevi ed è importante perché non mi appartengono. Sembra così evidente. 
Non sono miei allevi perché i loro salti non sono miei. Le loro vittorie non sono mie. Sono loro e basta. La decisione di guardare oltre è loro.
(…)
So dove è il mio merito. Conosco la mia parte di lavoro. Io do delle chiavi, chi le ha in mano apre quello che vuole. E devo darne il più possibile. 
Credo davvero che se un coach, un insegnante, un allenatore, un professore, un trasmettitore…. non si mette indietro al momento di una vittoria di un praticante ne rovina i benefici.
(…)
Una parte del mio lavoro è di valorizzare le qualità delle persone. Svegliare, stimolare il potenziale addormentato, farlo crescere. 
Far crescere il potenziale vuol dire far crescere le persone. 
Vuol dire dare o rinforzare una coscienza delle proprie capacità. 
Questa coscienza ci dà una sicurezza, una confidenza che gli scherzi della vita ci possono far perdere. 
Possiamo dubitare ovviamente. Rimettersi in gioco ci preserva da tante cose.

Però non possiamo dubitare delle nostre capacità nonostante non siamo sempre in grado di esprimerle. 
Perché non siamo robot, non siamo infallibili. 
Ci capita di avere momenti di debolezza.
Che non vuol dire essere debole. Essere cosciente delle proprie debolezze è una forza. 
(…)

Brano tratto da “Lettres à un petit frère” di Laurent Piemontesi